Biofatti

 

La tecnologia sta avendo il sopravvento sulla natura. Se da una parte la manipolazione tecnologica della vita è antica tanto quanto le pratiche di addomesticamento e allevamento, le nuove tecnologie come le culture di cellule, i trapianti di organi, la medicina riproduttiva e la simulazione di processi biologici chiamano in causa le comuni distinzioni tra natura e tecnologia.

La creazione della “vita” è quel terzo elemento invisibile che si aggiunge alla moderna distinzione di natura e tecnologia. Eppure, ciò che i biologi considerano vita non assomiglia né alle entità naturali né agli artefatti tecnologici. Le entità prodotte biologicamente sono piuttosto qualcosa che sta nel mezzo: biofatti.

Al contrario, nella pratica moderna e nell’esperienza quotidiana sembrerebbe che noi siamo certi di cosa sia o non sia la natura. Aristotele diceva che qualunque cosa cresce è naturale e dunque la vita si identifica con la natura, in contrasto con quanto si muove all’esterno, il techne. Questa contrapposizione corrisponde alle nostre comuni deduzioni: gli alberi, i bambini, i capelli crescono, mentre le macchine e i robot no. Ma questa distinzione ha ancora senso oggi, alla luce delle scoperte più recenti in fatto di tecnologie bio-mediche? Ad esempio, un tessuto sviluppato in cultura è ancora “naturale” o, al contrario, è puramente tecnologico? E le piante transgeniche? Come si possono trovare ancora tracce di creazione della vita, laddove gli oggetti viventi sono progettati nei laboratori e successivamente inseriti nel contesto pubblico, risultando familiari come fossero “vecchi amici”? Così questioni epistemologiche e antropologiche si fondono.

La scienza sperimentale e medica possono stimolare la crescita biologica così che soltanto l’astratto punto di partenza della genesi resti “natura”. Ogni cosa che cresce può ugualmente essere vista come artificiale, a seconda delle caratteristiche acquisite nella crescita: procreazione, proliferazione, riproduzione, morfogenesi o sviluppo individuale, che include anche la morte. Così, secondo  un concetto operativo di crescita, la vita può essere compresa in termini tecnici, ad esempio, quale un corpo o una mente progettata.

Il termine biofatto, neologismo che comprende “bios” e “artefatto”, si riferisce ad un essere che è naturale e artificiale, portato intenzionalmente alla vita dall’azione umana.

Mentre convenzionalmente la descrizione dell’elemento artificiale in natura usa distinguere nettamente tra i due, il temine biofatto tiene conto dell’influenza della tecnologia sulle forme preesistenti di crescita, e permette una riflessione sui confini esistenti tra natura e tecnologia. Le descrizioni più comuni hanno origine in varie discipline e contesti quotidiani: bastardo, organismo geneticamente manipolato (OGM), chimera, clone, replica, cyborg…Tuttavia questo complica il loro utilizzo in quanto termini tecnici in contesti scientifici. Al contrario, “biofatto” è un termine neutro che comprende un ampio spettro di oggetti viventi ibridi e include modellazioni tecniche come l’imitazione, l’automazione, la simulazione e la fusione. Da un punto di vista fenomenologico, i biofatti sono esseri viventi in quanto crescono, ma la loro crescita e sviluppo non sono più determinati autonomamente. Il livello secondo cui la crescita può essere modificata, limitata o messa a rischio è oggi materia di dibattito in campo scientifico, nella società e, non ultimo, nelle arti.


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